Molti investitori privati preferiscono le azioni locali a quelle estere, correndo così rischi inutili. In Svizzera, tuttavia, questo modello comportamentale noto con il nome di «Home Bias» ha conseguenze meno gravi che in altri Paesi.
Gli investitori privati tendono perlopiù a puntare sulle azioni nazionali e a tralasciare quelle estere. Secondo uno studio svolto dall’Università di Zurigo nel 2010, la quota di titoli elvetici all’interno dei portafogli azionari si attesta circa all’80% nel caso di investitori privati svizzeri. L’«Home Bias» è un modello comportamentale riscontrabile a livello mondiale.
Questa sorta di patriottismo è dispendioso a lungo termine, visto che il portafoglio non è ben diversificato a livello geografico. Particolarmente netta è la differenza di performance rispetto a un portafoglio diversificato a livello internazionale nei periodi in cui l’economia locale procede in modo meno favorevole che all’estero.
Chi acquista azioni Nestlé è diversificato a livello globale
In Svizzera, tuttavia, una forte sovraponderazione delle aziende locali è meno problematica rispetto ad altri Paesi, visto l’orientamento internazionale di molte imprese elvetiche a causa delle dimensioni relativamente ridotte del mercato interno. Chi acquista un’azione Nestlé investe di fatto al 98,6% all’estero. La quota svizzera ammonta a solo l’1,4% del fatturato totale della Nestlé.
La Svizzera possiede uno dei mercati azionari più globalizzati. Che si tratti di generi alimentari, prodotti farmaceutici, servizi finanziari, prodotti industriali o orologi, le società quotate sulla borsa svizzera hanno una presenza eccezionalmente elevata all’estero. Le dieci aziende di maggior valore dello Swiss Performance Index (SPI) realizzano in media solo il 3,6% del loro fatturato in Svizzera. La quota più bassa di fatturato complessivo conseguito in Svizzera spetta a Roche: il gruppo farmaceutico basilese ottiene all’estero il 98,9% delle sue entrate.
Anche con le azioni svizzere si è esposti ai rischi valutari
Molti pensano di non essere esposti alle fluttuazioni valutarie in quanto investitori svizzeri con un forte orientamento interno, poiché le azioni elvetiche sono quotate in franchi svizzeri. Invece si sbagliano. Gli effetti valutari si riflettono anche sulla performance del portafoglio e si palesano direttamente nei profitti dell’impresa. L’indebolimento dell’euro, ad esempio, si ripercuote negativamente sugli utili provenienti dall’eurozona che vengono espressi in franchi all’interno dei bilanci consolidati. Di conseguenza, il corso azionario subisce una flessione.
Questo effetto è stato particolarmente evidente quando il 15 gennaio 2015 la Banca nazionale svizzera ha deciso di abolire il corso minimo euro-franco. Quel giorno l’euro si è svalutato del 19% rispetto al franco. Di riflesso, tra il 13 e il 16 gennaio, l’SPI ha ceduto il 15% (vedasi grafico). Il motivo è da ricercarsi essenzialmente nelle mutate relazioni valutarie che hanno notevolmente assottigliato gli utili societari in franchi svizzeri. Coloro che desiderano evitare questo problema si limitano a scegliere le imprese che operano principalmente in Svizzera. In questo caso, tuttavia, è la diversificazione a risentirne.