I tassi bassi ci costano 5 miliardi di franchi l’anno

La politica monetaria ultraespansiva danneggia i risparmiatori. Dalla nostra analisi emerge quanto siano elevate le somme in questione e quali ambiti sono più colpiti. Inoltre ci domandiamo che cosa sia possibile fare contro i tassi ai minimi storici.

Il mondo dei tassi è sottosopra. I tassi di riferimento in Svizzera e in molti altri paesi sono negativi. E non c’è alcun aumento in vista. Ma che cosa significa per i risparmiatori?

Le risposte a queste domande sono discordanti: alcuni lamentano che i risparmiatori sono le prime vittime della politica dei tassi bassi. Altri sostengono, invece, che la situazione non è poi così grave, dal momento che anche l’inflazione è negativa. Nel corso del 2016 l’inflazione su base annua si attesterà presumibilmente sul -0,6 percento.

Volevamo risposte precise. Per questo abbiamo analizzato il tasso reale, rettificato dell’inflazione in Svizzera sulla base dei dati storici. Il dato ci dice qual è l’incremento effettivo di valore per il risparmiatore. Abbiamo distinto due settori: le obbligazioni statali svizzere e i conti di risparmio. Per le obbligazioni statali siamo risaliti ai dati dal 1925 in poi. Risultato: nella media storica la remunerazione reale ha raggiungo l’1,7 percento. Ma attualmente il tasso è molto inferiore, pari appena allo 0,2 percento (v. grafico).

Di conseguenza il rendimento dei titoli di stato è sotto la media pluriennale di un buon 1,5 percento.

I maggiori detentori di obbligazioni in Svizzera sono le casse pensioni e gli istituti della previdenza professionale con un volume investito compreso tra 250 e 300 miliardi di franchi. Così i mancati rendimenti causati dai tassi bassi nel solo secondo pilastro raggiungono 4 miliardi di franchi nell’anno in corso.

Crollo dei tassi delle obbligazioni statali
Crollo dei tassi delle obbligazioni statali
Remunerazione reale, depurata dell’inflazione, delle obbligazioni statali svizzere. La media storica si riferisce al periodo dal 1925.

Nell’ambito della previdenza bastano piccole differenze a livello di tassi per provocare conseguenze enormi: con un tasso d’interesse reale dello 0,2 percento un patrimonio di 100’000 franchi aumenta soltanto a 104’000 franchi in 20 anni. Con un tasso d’interesse dell’1,7 percento sale invece a 140’000 franchi.

Ma qual è l’impatto dei tassi bassi sui risparmi?

Il loro volume, pari a circa 400 miliardi di franchi, è addirittura superiore a quello delle obbligazioni. Dalla nostra analisi risulta che nella media storica il tasso di risparmio reale, pari allo 0,9 percento, è molto inferiore a quello dei titoli di stato. Attualmente la remunerazione reale ammonta tuttavia pur sempre allo 0,7 percento, quindi di poco inferiore alla media a lungo termine. Ciò significa che sui depositi a risparmio la perdita causata dai tassi bassi è per il momento contenuta, su un miliardo di franchi circa.

Per il conto di risparmio la perdita causata dai tassi bassi è meno pesante
Per il conto di risparmio la perdita causata dai tassi bassi è meno pesante
Remunerazione reale, depurata dell’inflazione, dei depositi a risparmio, in base ai dati dal 1975.

Il seguente grafico conferma il fatto che, a causa della politica monetaria espansiva, la repressione finanziaria si manifesta soprattutto nelle obbligazioni. Nel confronto a lungo termine, i titoli di stato conseguono un rendimento dello 0,8 percento superiore a quello del conto di risparmio. Ma ormai questa lunghezza di vantaggio delle obbligazioni si è annullata finendo in territorio negativo. Attualmente la remunerazione reale sul conto di risparmio è superiore di mezzo punto percentuale a quella delle obbligazioni. Ciò dimostra che le banche hanno scontato un’erosione dei margini sui risparmi e sinora hanno in gran parte rinunciato a ribaltare sui clienti la discesa dei tassi.

Le obbligazioni hanno perso il loro tradizionale vantaggio in termini di interessi
Vantaggio in termini di interessi dei titoli di stato rispetto al conto di risparmio: nella media storica la remunerazione reale delle obbligazioni è superiore dello 0,8 percento. Ma attualmente la situazione si è invertita: la remunerazione reale del conto di risparmio è attualmente più elevata dello 0,5 percento.
Vantaggio in termini di interessi dei titoli di stato rispetto al conto di risparmio: nella media storica la remunerazione reale delle obbligazioni è superiore dello 0,8 percento. Ma attualmente la situazione si è invertita: la remunerazione reale del conto di risparmio è attualmente più elevata dello 0,5 percento.

Purtroppo non c’è da sperare che la situazione dei risparmiatori migliori presto, al contrario. Per l’anno prossimo ci attendiamo un aumento del tasso d’inflazione dall’attuale -0,6 percento al +0,2 percento. Infatti lo shock sul franco, che ha spinto l’inflazione in territorio negativo, sta rientrando, quindi i tassi reali si assottigliano. Se la perdita cumulata causata dal basso livello dei tassi su obbligazioni e depositi a risparmio ammonta a 5 miliardi di franchi quest’anno, per l’anno prossimo ci attendiamo un’erosione delle entrate nettamente superiore, pari a circa 10 miliardi di franchi, calcolata rispetto alla remunerazione media pluriennale.

Per le previsioni a più lungo termine è fondamentale la politica della Banca centrale europea (BCE), che si è posta l’obiettivo di innalzare il tasso d’inflazione dell’Eurozona al 2 percento. Attualmente l’inflazione annua è esattamente a zero e il raggiungimento del target del 2 percento sembra molto lontano. Dunque ci possono volere anni prima che la BCE torni ad aumentare il tasso di riferimento. I mercati a termine non si attendono un intervento in tal senso prima del 2019. Anche la Banca nazionale svizzera deve sintonizzarsi su questa politica per evitare un ulteriore apprezzamento del franco rispetto all’euro. In Giappone i tassi di riferimento sono fermi al di sotto dello 0,5 percento da oltre 20 anni.

I risparmiatori devono dunque prepararsi a una debolezza duratura dei tassi d’interesse.

Ma come affrontarla? Com’è noto, le banche centrali volevano indurre i risparmiatori a spendere di più, invece di risparmiare, nella speranza di stimolare i consumi. Paradossalmente hanno ottenuto l’esatto contrario: la gente, temendo di fare ancora più fatica a raggiungere i propri obiettivi di risparmio, mette da parte di più e riduce maggiormente le spese.

Per contrastare questi rendimenti miseri, ai risparmiatori non rimane che considerare di più le azioni come forma d’investimento. È vero che la borsa è soggetta a pesanti fluttuazioni repentine, ma gli azionisti sono premiati con dividendi ai massimi storici. Il seguente grafico illustra l’andamento dei rendimenti reali, depurati dell’inflazione, dei dividendi negli ultimi 20 anni. Ancora negli anni novanta il rendimento nominale dell’1-2 percento era quasi sempre «fagocitato» dall’inflazione, quindi il rendimento reale si aggirava attorno allo zero. Ma da allora le imprese hanno continuamente aumentato le distribuzioni degli utili. Nel frattempo il rendimento nominale del dividendo delle azioni svizzere è pari al 3,5 percento. Considerando l’inflazione negativa, il rendimento reale supera addirittura il 4 percento. Nel solo anno corrente le azioni dell’SMI distribuiscono 38 miliardi di franchi ai loro detentori.

In forte ascesa i rendimenti reali delle azioni
In forte ascesa i rendimenti reali delle azioni
Rendimento del dividendo al netto dell’inflazione nello Swiss Market Index.

L’andamento degli utili dei grandi gruppi rimane positivo e i dividendi sono stati ridotti solo in pochi casi. Quindi, una previsione a lungo termine del 3 percento per il rendimento del dividendo può essere considerata senz’altro prudente. Ciò significherebbe che le distribuzioni future si limitano a tenere il passo dell’inflazione. Ma su un orizzonte temporale a 10 anni questo rendimento produce un apprezzamento pur sempre del 34 percento, solo grazie ai dividendi. Anche ipotizzando lo scenario più pessimistico, secondo il quale l’indice di borsa perderebbe il 34 percento entro il 2026 passando da 8000 a 5300 punti, un azionista non subirebbe alcuna perdita.

Conclusione: sono passati i tempi in cui i risparmi crescevano solo grazie agli interessi introitati. Ma chi è disposto a investire una parte del capitale in azioni riuscirà a beneficiare anche in futuro della crescita del patrimonio.

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