Nella sua riunione di primavera del 21 marzo 2024, la Banca nazionale svizzera (BNS) riduce il tasso di riferimento di 25 punti base, portandolo all’1,50%. Le autorità monetarie giustificano l’allentamento della politica monetaria con l’inflazione che si trova nel campo della stabilità dei prezzi e in risposta all’apprezzamento reale del franco. Dopo la decisione sui tassi, il franco si è rapidamente svalutato rispetto all’euro e al dollaro USA.
Gli economisti e le economiste erano quasi unanimi nel ritenere che oggi non si sarebbe verificata una riduzione del tasso direttore. A torto. Sui mercati a termine c’era meno certezza a questo riguardo: il giorno prima della decisione sui tassi, la probabilità implicita di una riduzione del tasso direttore era compresa tra il 30% e il 40%. Queste aspettative di mercato sono dovute agli ultimi dati congiunturali che hanno confermato che l’inflazione è sotto controllo.
La congiuntura consente, ma non forza, una riduzione dei tassi d’interesse
L’aumento di 250 punti base del tasso direttore e le ingenti vendite di valuta estera a sostegno del valore esterno del franco hanno attenuato l’inflazione, che è inferiore al limite del 2% da giugno 2023, quindi nell’ambito della stabilità dei prezzi. I temuti aumenti di prezzo previsti per la fine dell’anno (prezzi dell’elettricità, aumento dell’IVA e delle tariffe dei trasporti pubblici, ecc.) non hanno riacceso l’inflazione e anche l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, eccessivo per molto tempo, si è nel frattempo notevolmente indebolito. Inoltre, nonostante il contesto globale sfavorevole e gli aumenti dei tassi, nel 2023 l’economia svizzera si è dimostrata resistente: come da noi previsto la recessione è evitata.
Motivazione della decisione
La riduzione del tasso di riferimento di 25 punti base all’1,50% è sorprendente. Così facendo però la BNS tiene conto dell’andamento dell’inflazione. Di conseguenza, ha adeguato nettamente al ribasso le previsioni condizionate d’inflazione (cioè partendo da un tasso di riferimento dell’1,50%). Essa prevede un rincaro al di sotto del 2% nell’intero orizzonte previsionale e non si aspetta che tale riduzione del tasso direttore, anticipata rispetto alle altre banche centrali occidentali, provochi un deprezzamento talmente marcato del franco, che potrebbe riaccendere l’inflazione con l’aumento dei prezzi delle importazioni.
Il secondo argomento a favore del taglio è l’apprezzamento reale del franco. A causa dell’indebolimento dell’inflazione all’estero, l’apprezzamento nominale del franco ha portato a un graduale aumento del tasso di cambio reale nel corso del 2023, che pesa sulla competitività dei settori orientati all’esportazione. Nel febbraio di quest’anno il valore reale del franco si è attestato a un livello simile a quello registrato dopo l’abbandono del tasso di cambio minimo con l’euro nel gennaio 2015. Secondo la Direzione generale della BNS, il recente indebolimento del franco offre ancora poco sollievo. Intende quindi indebolire maggiormente il franco mediante un maggiore differenziale con il tasso d’interesse dall’estero. Nello scenario attuale, riteniamo che la decisione sui tassi sia un passo coraggioso e non necessariamente urgente. Il tasso di riferimento con l’1,75% non era affatto in territorio restrittivo, ma già in territorio neutro. Per questo motivo, l’ulteriore potenziale di riduzione dei tassi d’interesse rimane ora ancora più limitato.
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