Aggiornamento sulla politica d’investimento della Banca Migros

Dopo un inizio anno estremamente turbolento, i mercati finanziari internazionali hanno ritrovato un po’ di calma verso la fine del primo trimestre. Markus Wattinger, responsabile dell’Asset Management della Banca Migros, spiega i motivi dell’andamento altalenante delle borse e traccia una previsione.

Ritorno della volatilità

Le prime settimane dell’anno ne sono la conferma evidente: sui mercati internazionali la volatilità rimane elevata, come spesso indicato in questa sede. Ecco il perché delle turbolenze nei primi mesi del 2016: il calo dei prezzi delle azioni e la fuga verso beni rifugio, tra cui titoli di stato e oro, hanno dimostrato il disorientamento degli investitori e provocato un inizio anno tra i peggiori della storia. Il prezzo del petrolio in continua discesa contrariamente alle aspettative, il rinfocolarsi dei timori di un brusco atterraggio dell’economia cinese e i dubbi sulla tenuta della congiuntura nei paesi industrializzati hanno spinto i mercati sulle montagne russe nel primo trimestre.

Ripresa su un vasto fronte

Per fine marzo molti mercati sono comunque riusciti a recuperare le perdite talora pesanti o, almeno, ad arginarle. L’inversione di rotta è stata in gran parte favorita dalla ritrovata stabilità dei prezzi del petrolio che ha temporaneamente allentato le pressioni sui mercati emergenti e su gran parte del settore energetico globale. Ma anche le continue iniezioni di liquidità nell’economia da parte delle banche centrali in Europa e in Giappone hanno notevolmente contribuito a correggere l’esagerata reazione negativa dei mercati. Nei prossimi mesi ci attendiamo che l’attuale fase di recupero prosegua, senza tuttavia escludere un provvisorio ritorno della volatilità.

Congiuntura sempre a pieni giri

Le turbolenze del primo trimestre non hanno praticamente intaccato la nostra valutazione della congiuntura globale: continuiamo a prevedere una crescita economica mondiale del 3% circa nell’anno in corso. Negli Stati Uniti sono prima di tutto l’ottimo stato di salute del mercato del lavoro e la stabilità dei consumi interni a deporre a favore di una persistente espansione economica. E in Europa la ripresa congiunturale con l’aumento degli investimenti privati sembra avere finalmente trovato un secondo pilastro portante oltre a quello dei consumi. Su questo fronte sono sicuramente di aiuto i forti incentivi della BCE alla concessione di crediti.

Ma anche in Svizzera si moltiplicano i segnali che i contraccolpi più gravi dello shock del franco sono stati finalmente digeriti.

I principali indicatori anticipatori della congiuntura rivelano una crescita, seppure modesta, che dovrebbe essere infine favorita dalla ripresa delle esportazioni.

Allocazione: le azioni sempre vincenti

In questo scenario attribuiamo alle azioni le prospettive più promettenti tra le varie classi di asset. È vero che i rischi sono tendenzialmente aumentati, ma le valutazioni rimangono adeguate sulla maggior parte dei mercati, i premi di rischio sono elevati in prospettiva storica e molti titoli di qualità convincono per il loro appetibile rendimento del dividendo.

Il segmento dei mercati emergenti ci sembra senz’altro vantaggioso. Qui riteniamo che, dopo anni di discesa continua, sia stato raggiunto il punto di svolta e il potenziale di rendimento è notevole. Ma anche i mercati azionari dell’Eurozona, tuttora in fase di ripresa congiunturale, dovrebbero essere sostenuti dalle ulteriori misure di quantitative easing adottate in marzo dalla BCE. Intravediamo invece uno scarso potenziale di miglioramento per le azioni statunitensi, frenate dal dollaro sempre forte e da una politica monetaria progressivamente più restrittiva.

Obbligazioni: lo scenario rimane difficile

I rendimenti in Svizzera e in Europa sono tuttora dominati dalla politica monetaria tra le più morbide della storia: i rendimenti negativi alla scadenza si confermano la regola. Per ottenere tassi d’interesse in territorio positivo l’investitore deve essere pronto a scendere a compromessi sul fronte della qualità oppure limitarsi a durate molto lunghe. Entrambi i fattori aumentano in misura eccessiva il rischio rispetto al rendimento atteso e penalizzano ulteriormente l’attrattiva delle obbligazioni.

Nel medio termine la situazione non dovrebbe tuttavia cambiare, pertanto confermiamo la massiccia sottoponderazione delle obbligazioni in franchi svizzeri.

In questo momento la politica monetaria sta percorrendo una strada diversa negli Stati Uniti, dove il quadro è contrassegnato da un graduale rialzo dei tassi di riferimento che spinge un po’ al rialzo i rendimenti. Mentre la Fed sottolinea che i futuri aumenti dei tassi dipenderanno dai dati congiunturali, il mercato presuppone un nuovo aumento dei tassi di 25 punti base nell’anno in corso.

In frenata la corsa al rialzo del dollaro

Contrariamente alle diffuse aspettative del mercato, nei primi mesi dell’anno il dollaro non ha proseguito la corsa e il suo valore commerciale ha registrato un pesante indebolimento, dando una boccata d’ossigeno alle tartassate valute dei paesi emergenti. Tuttavia si dovrebbe trattare più di una provvisoria correzione della valuta americana che di un’inversione di rotta, poiché il progressivo irrigidimento della politica monetaria statunitense provoca una certa pressione al rialzo sul dollaro.

In una fase di politica monetaria ultraespansiva in Europa, anche il potenziale di ribasso del franco svizzero appare limitato rispetto all’euro. Un tasso di cambio attorno a 1.10 sembra tuttavia sopportabile per l’economia elvetica e accettabile per la BNS. Se, invece, il cambio dovesse muoversi verso la parità, la BNS correggerà sicuramente la rotta intervenendo sui mercati dei cambi.

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