Nell’Eurozona l’inflazione ha ristagnato a un livello elevato in agosto. Non solo per questo va interpretato con prudenza il calo dell’inflazione registrato dopo i massimi storici.
5,3 per cento. È stata questa l’inflazione annua dell’Eurozona in agosto, come comunicato giovedì dall’Ufficio statistico europeo. L’aumento dei prezzi è quindi rimasto invariato rispetto al mese precedente e, almeno per il momento, il calo dell’inflazione si è arrestato.
Nell’Unione monetaria l’inflazione rimane nettamente al di sotto del picco del 10,6% dello scorso ottobre. Tuttavia, l’attuale stagnazione conferma la nostra valutazione secondo cui, per diverse ragioni, non sia ancora decisamente il momento di abbandonarsi all’euforia. La ragione più evidente è il persistere di tassi d’inflazione smisurati. Nonostante il deciso sostegno degli effetti base statistici, un’inflazione annua del 2% resta ancora molto lontana. È il traguardo prefisso dalla Banca centrale europea (BCE) per poter parlare di un’effettiva stabilità dei prezzi a medio termine.
Difficile la situazione della disinflazione
Inoltre, volgendo lo sguardo agli ultimi mesi, non è così sorprendente lo stop del calo dell’inflazione, la cosiddetta disinflazione. La dinamica registra un sensibile calo sin dalla primavera (v. grafico). In termini assoluti, il calo mensile dell’inflazione in luglio è stato di appena un quarto del valore di maggio. È ancora incerto se la disinflazione riprenderà rapidamente vigore così presto. Perché alle sfide sul fronte dei salari va ad aggiungersi anche la recente tendenza all’aumento dei prezzi del petrolio.
Se non bastasse, l’accanita persistenza dell’inflazione è ancora particolarmente pronunciata nell’inflazione di base. Quest’ultima, che misura l’inflazione depurata dalle componenti volatili dei prezzi, è scesa in agosto dal 5,5% al 5,3%. La flessione non deve tuttavia celare il fatto che la disinflazione del tasso di base è estremamente lenta. Su base annua, essa è inferiore solo di 0,4 punti percentuali al picco del marzo di quest’anno. La sottostante pressione al rialzo dei prezzi si attenua quindi solo marginalmente nell’Unione monetaria.
Non solo i tassi di variazione sono significativi
Sottolineiamo infine, ancora una volta, che per il rincaro non va considerato solo il tasso di variazione rispetto all’anno precedente, pur essendo anch’esso al centro dell’attenzione pubblica. Soprattutto nell’ottica della domanda di consumi privati, che è fondamentale per l’andamento economico, riteniamo opportuna anche una valutazione cumulativa. Infatti, se si sommano i rialzi dei prezzi dall’inizio della spinta inflazionistica, dal dicembre 2020 il livello generale dei prezzi nell’Eurozona è aumentato di circa il 18%. Anche senza l’attuale frenata, il dato relativizza notevolmente la disinflazione innescatasi.
A fronte di questo scenario, ribadiamo: lo spettro dell’inflazione, in modo particolare in Europa, non si è ancora allontanato. Rimane forte la pressione sulla BCE affinché proceda con ulteriori strette di politica monetaria per contrastare l’inflazione ostinatamente smisurata. Ecco perché, nonostante le tensioni economiche in Europa, prevediamo ancora che la BCE opererà almeno un aumento del tasso di riferimento di 25 punti base nell’anno in corso.
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