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L’Asia si coalizza

In piena crisi coronavirus, l’Asia sta portando avanti la cooperazione economica regionale. Il patto commerciale RCEP è il più grande accordo di libero scambio del mondo. 

Nonostante la pandemia del coronavirus e la guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti, in Asia sta emergendo il più grande accordo di libero scambio del mondo: a metà novembre, nella capitale vietnamita di Hanoi, 15 Stati della regione Asia-Pacifico hanno aderito al cosiddetto accordo di libero scambio «Regional Comprehensive Economic Partnership» (RCEP, Partenariato Economico Globale Regionale). Con quasi 2,3 miliardi di persone, il blocco commerciale rappresenta circa il 30% della popolazione e della produzione mondiali. Vi aderiscono i dieci Stati membri dell’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico (ASEAN), la Cina, il Giappone, la Corea del Sud, l’Australia e la Nuova Zelanda. L’ASEAN comprende il Brunei, la Cambogia, l’Indonesia, Laos, la Malesia, il Myanmar, le Filippine, Singapore, la Thailandia e il Vietnam. 

La Cina è la potenza economica trainante

Il RCEP entrerà in vigore 60 giorni dopo la ratifica dell’accordo da parte di almeno sei membri dell’ASEAN e di tre partner non ASEAN. Questo passaggio è previsto per l’anno prossimo. Tuttavia, l’accordo è già considerato un traguardo importante. La partnership riunisce infatti Cina, Giappone e Corea del Sud, le tre maggiori economie del Nordest asiatico, le cui relazioni sono storicamente afflitte da tensioni politiche. Un assente di spicco, invece, è l’India, che si è ritirata dalle trattative perché non voleva aprire la sua economia a tal punto.

Pechino guadagna prestigio

Nell’attuale conflitto commerciale, l’accordo di libero scambio rappresenta un importante successo per il governo cinese in termini di politica estera. Invece di essere isolata, come auspicato dagli Stati Uniti, Pechino assume un ruolo di primo piano nella regione dell’Asia-Pacifico. La Cina trae vantaggio dal fatto che gli Stati Uniti, con Donald Trump, si sono sempre più ritirati dalle iniziative multilaterali. Inoltre, il RCEP riduce la dipendenza della Cina dai mercati dell’America del Nord. Con il Giappone, la Corea del Sud, l’Australia e la Nuova Zelanda, Stati importanti che si annoverano tra gli alleati degli Stati Uniti in termini di politica di sicurezza si avvicineranno ancora di più alla Repubblica popolare. Probabilmente l’architetto dell’accordo è stata non tanto Pechino quanto piuttosto gli Stati ASEAN, sotto la cui guida sono stati condotti i negoziati durati circa otto anni. Alla luce delle tensioni politiche, tuttavia, c’è da chiedersi se il patto commerciale sarebbe stato perfezionato in questa forma anche sotto la guida di Pechino, Tokyo o Seul. 

In un momento in cui il protezionismo è aumentato in molti Paesi a seguito della controversia commerciale tra l’America e la Cina e della pandemia di coronavirus, l’accordo lancia un segnale favorevole all’economia: i 15 Stati dell’anello del Pacifico si dichiarano favorevoli al libero scambio e all’interconnessione delle catene di approvvigionamento. Infine, l’alleanza commerciale consente ai partner economici di stabilire le proprie regole e norme per il commercio regionale. Come nel caso del secondo grande accordo commerciale in Asia, il «Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership» (CPTPP), anche il RCEP si svolge senza la partecipazione degli Stati Uniti. L’accordo globale e progressista per il partenariato transpacifico è un patto commerciale siglato nel 2018 tra Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore e Vietnam. Inizialmente questo patto commerciale era conosciuto come partenariato transpacifico (TPP) e doveva includere anche gli Stati Uniti. Tuttavia, dopo l’insediamento di Donald Trump nel gennaio 2017, gli Stati Uniti si sono ritirati.

 RCEPCPTPP
Prodotto interno lordo25,84 bilioni di USD11,20 bilioni di USD
in % del PIL mondiale2913
Abitanti2,27 miliardi0,51 miliardi
in % della popolazione mondiale307
Commercio10,42 bilioni di USD5,78 bilioni di USD
in % del commercio mondiale2815
RCEP e CPTPP nel confronto dimensionale (2019) 

Fonte: FBIC

Meno ambizioso del CPTPP

A differenza del CPTPP, il RCEP si concentra maggiormente su aspetti tradizionali come il commercio di beni (e quindi piuttosto sui prodotti industriali e meno su quelli agricoli). Il CPTPP attribuisce inoltre grande rilevanza a standard elevati per la tutela dei diritti dei lavoratori, dell’ambiente e della proprietà intellettuale. Prevede inoltre una riduzione tariffaria più ambiziosa pari al 98% tra gli Stati membri e stabilisce le stesse regole severe per i Paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo. Il RCEP, invece, ha requisiti meno severi per quanto concerne le misure di liberalizzazione e consente, ad esempio, ai Paesi in via di sviluppo di ridurre gradualmente le tariffe doganali e di prolungare il periodo di transizione. Per gli Stati meno sviluppati, quindi, l’adesione al RCEP potrebbe essere una scelta interessante.

Resta tuttavia da vedere come saranno attuate le disposizioni, in parte vaghe, del RCEP. Gli effetti dell’accordo appaiono per il momento gestibili. In molti settori, infatti, i dazi commerciali sono già bassi. Il potenziale sarebbe maggiore nell’area non tariffaria, in gran parte esclusa; presumibilmente perché Pechino ha scarso interesse a fare delle concessioni nei settori della protezione della proprietà intellettuale, della tutela degli investimenti, delle condizioni di lavoro e del riconoscimento reciproco degli standard dei prodotti. Lo dimostrano, ad esempio, le recenti restrizioni unilaterali imposte dalla Cina agli scambi con l’Australia. Persistono anche le tensioni nel Mar Cinese orientale e meridionale. A causa delle controversie con la Cina appare poco probabile che l’India possa presto aderire al RCEP. 

Dal punto di vista economico, l’accordo RCEP renderà probabilmente più efficienti le economie del Nord e del Sud-Est asiatico, unirà i loro punti di forza in settori quali la tecnologia, la produzione e le risorse e promuoverà il commercio transfrontaliero e gli investimenti transnazionali. All’interno della zona di libero scambio, l’intenzione è di abolire i dazi doganali su almeno il 92% delle merci scambiate, di unificare le norme commerciali e di semplificare quindi le catene di approvvigionamento.  Secondo le stime del think tank statunitense Peterson Institute for International Economics (PIIE), nel 2030 il patto di libero scambio potrebbe apportare circa 209 miliardi di dollari al reddito mondiale. Secondo le previsioni, a beneficiarne saranno soprattutto la Cina, il Giappone e la Corea del Sud, con guadagni del PIL rispettivamente di 100 miliardi di dollari, 46 miliardi di dollari e 23 miliardi di dollari. I maggiori aumenti percentuali del PIL sono previsti per la Corea del Sud, il Giappone e la Malesia. I Paesi dell’ASEAN dovrebbero trarre il minor vantaggio dal nuovo accordo commerciale. Alla luce dell’attuale accordo commerciale ASEAN, essi godono del margine di manovra più ristretto per ridurre le barriere che si frappongono tra loro e gli altri membri del RCEP.

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