La campagna elettorale USA sta entrando nella fase finale. Le allusioni di Donald Trump di voler contestare un eventuale esito sfavorevole delle elezioni causano inquietudine in borsa.
Ricordate le elezioni presidenziali USA del 2000? Nella sfida tra l’allora vice presidente Al Gore e il repubblicano George W. Bush, diversi stati furono duramente contesi fino all’ultimo. Alla fine, però, fu la Florida a finire sotto i riflettori. A causa del testa a testa, la notte delle elezioni del 7 novembre fu chiaro che chi si fosse aggiudicato lo Stato del sole avrebbe vinto la corsa alla Casa Bianca. Secondo i risultati elettorali iniziali, Bush aveva conquistato la Florida con un margine così stretto che le leggi dello Stato innescarono un riconteggio automatico.
Non era quindi chiaro chi sarebbe divenuto il 43° Presidente degli Stati Uniti – «too close to call». Seguirono decine di riconteggi, settimane di dispute sulle scadenze relative al riconteggio e sulla necessità di prorogare le scadenze. La situazione di stallo intensificò la pressione su Gore di dichiararsi sconfitto. Tuttavia, solo il 12 dicembre la Corte suprema giunse a una decisione, con 5 giudici favorevoli e 4 contrari, controversa e dibattuta ancora oggi, che metteva fine al riconteggio in Florida. A quel punto Bush era in testa e ottenne di fatto i voti della Florida aggiudicandosi le elezioni. Il giorno dopo Gore tenne il suo discorso di rinuncia.
Déjà-vu a Washington?
Anche per quanto riguarda le elezioni presidenziali di quest’anno tra Donald Trump e Joe Biden gli investitori devono essere pronti a eventuali turbolenze politiche. Nonostante il vantaggio di Biden nei sondaggi elettorali, la corsa è aperta; probabilmente si deciderà in alcuni stati in bilico, tra cui la Florida. Il fatto che Trump abbia più volte lasciato intendere di voler contestare un risultato elettorale eventualmente sfavorevole sta mettendo a dura prova i nervi degli investitori. Al momento vi sono fondati dubbi sul fatto che già nella notte delle elezioni del 3 novembre possa essere chiaro il nome di chi occuperà la Casa Bianca nel 2021.
Il modo in cui Wall Street reagirà alle elezioni non dipende tanto dal vincitore, quanto dalla coerenza del risultato. Un’elezione sul filo del rasoio, che potrebbe determinare controversie e una paralisi legislativa, graverebbe sui mercati, soprattutto in vista delle sfide legate alla pandemia da coronavirus. Il peggiore scenario possibile sarebbe che Trump si rifiutasse semplicemente di lasciare lo «Studio Ovale» in caso di sconfitta. Nel suo scenario di base, tuttavia, la Banca Migros non parte da questo presupposto.
Flessioni contenute
Non è così improbabile che, in caso di esito controverso delle elezioni, le perdite sulle quotazioni siano meno gravi di quanto alcuni temano attualmente. Uno sguardo all’anno 2000 mostra che, dal giorno delle elezioni fino a quello successivo alla sentenza della Corte suprema, più di un mese dopo, l’indice S&P 500 è sceso solo del 4,9% sulla base del rendimento totale. Le perdite di corso erano dovute in parte a dati economici deludenti. Il Dax (-6,5%) e il Topix (-4,1%) subirono perdite altrettanto ingenti. Lo Swiss Performance Index tenne relativamente bene con una flessione dell’1,9%. L’indice del dollaro registrò una flessione solo marginale e sul mercato obbligazionario statunitense non si osservarono importanti distorsioni.
Cinque settimane di incertezza

Naturalmente non è detto che la storia si ripeta. Quest’anno i mercati azionari potrebbero essere maggiormente colpiti. Rispetto al 2000, le fratture politiche interne negli Stati Uniti si sono allargate, la campagna elettorale in corso ha ampliato ulteriormente il divario e i disordini sociali potrebbero riaccendersi. Un vuoto politico con settimane di battaglie legali non farebbe altro che gravare inutilmente sulla ripresa dell’economia statunitense, finora in gran parte incoraggiante ma ancora fragile, se non addirittura metterla a repentaglio.
Le azioni rimangono interessanti
Ma oggi la situazione di partenza della borsa statunitense e dell’economia reale è diversa da quella di vent’anni fa. All’epoca l’economia statunitense stava scivolando verso la recessione, la Fed aveva alzato i tassi di interesse in modo notevole e ripetuto e a Wall Street gli investitori correggevano l’esuberanza irrazionale della mania delle dotcom. Ora invece l’economia statunitense si sta riprendendo da una recessione, i tassi di interesse sono ai minimi storici e rimarranno bassi anche nel prossimo futuro. Rispetto ai titoli di Stato statunitensi, le azioni appaiono quindi ancora interessanti in una prospettiva a lungo termine. Il premio di rischio delle azioni rispetto alle obbligazioni non si è praticamente ridotto. A causa dei forti guadagni di corso, il rendimento degli utili dell’indice S&P 500 è similmente basso come nel 2000, ma il rendimento dei titoli di Stato statunitensi è sceso in modo ancora più marcato.
Premi di rischio delle azioni statunitensi
Rispetto alle obbligazioni, le azioni hanno perso poca attrattività

Cauto ottimismo
Tuttavia, lo scetticismo nei confronti di una ripresa a V dell’economia è ancora appropriato, soprattutto perché le dinamiche di crescita hanno recentemente perso di nuovo slancio a livello mondiale. Sino alla fine dell’anno prevarranno i rischi al ribasso sul mercato azionario statunitense. L’aumento delle nuove infezioni da coronavirus, le elezioni presidenziali americane, i negoziati sulla Brexit e le controversie commerciali aumentano il rischio di una battuta d’arresto. La Banca Migros mantiene pertanto la raccomandazione di una leggera sottoponderazione delle azioni. In futuro, chi vorrà ottenere un rendimento adeguato sul proprio capitale dovrà però tollerare più rischi. In altre parole, nei prossimi anni non ci sarà quasi modo di aggirare le azioni a fronte della crisi degli investimenti. Consideriamo quindi le tempeste correttive dei corsi che precedono e seguono le elezioni presidenziali come un’opportunità di acquisto.
Dopo il forte rialzo delle quotazioni e alla luce delle fiere valutazioni, il mercato azionario statunitense ha bisogno di nuovi stimoli per continuare la sua tendenza al rialzo, i quali devono provenire dall’economia reale, con segnali di crescita come l’incremento degli utili e degli investimenti aziendali, l’aumento della fiducia dei consumatori e la ripresa del mercato del lavoro. Affinché ciò avvenga, sono necessari progressi medici nella lotta contro il coronavirus, nonché un ulteriore sostegno da parte della politica fiscale e della Federal Reserve.