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Le cose che non possono

Perché i giornali non parlano più della crisi del debito? I problemi sono davvero risolti?

Uno Stato in bilico
Uno Stato in bilico
In Giappone le entrate fiscali accusano un ristagno da ben 25 anni, mentre la spesa pubblica cresce senza freni. Nel frattempo le spese sono il doppio delle entrate. (Fonte: Ministero delle finanze giapponese)

Lo confesso, sono un fanatico dei grafici. Qualche curva dice spesso molto di più di tante parole. Per esempio nell’immagine qui a fianco, dove emerge che lo Stato giapponese spende il doppio di quello che incassa con le tasse.

L’osservatore immancabilmente si chiede come sia possibile un simile baratro tra uscite ed entrate. Qui entra in gioco la Banca nazionale giapponese, che acquista attualmente circa tre quarti delle obbligazioni emesse dallo Stato, allentando dunque le pressioni sul governo che dovrebbe rimettere in ordine i suoi conti pubblici. Il risultato è convincente: lo Stato giapponese paga per i suoi debiti un tasso misero, inferiore all’uno percento, benché il suo debito abbia nel frattempo raggiunto il 250 percento del prodotto interno lordo. (Tanto per fare un confronto, nel Trattato di Maastricht l’UE ha stabilito che il debito pubblico non deve superare il 60 percento del Pil). Rispondo quindi così alla prima domanda: la crisi del debito è sparita così in fretta dalle pagine dei giornali per opera delle banche centrali. Ora si spera che il problema del debito si sia effettivamente attenuato e i programmi di risparmio siano diventati superflui, ma basta guardare il grafico per dissipare questa illusione.

Lo Stato italiano non chiude in attivo i conti pubblici dal 1960.

Il tranquillante delle banche centrali dovrebbe mantenere i suoi effetti ancora per un po’. Ma neppure le potenti autorità monetarie riescono a evitare che lo Stato spenda sempre molto di più di quello che incassa. Oppure, come dice la cosiddetta legge di Stein, «le cose che non possono durare per sempre prima o poi finiscono».

Tuttavia questo significa che se le banche centrali alleviano troppo la pressione per il risparmio, in futuro la cura dovrà essere ancora più radicale. Già oggi lo Stato giapponese dissipa un quarto delle sue uscite complessive per pagare gli interessi sul debito, nonostante i tassi siano ai minimi storici. Lo stesso destino, sebbene in misura più contenuta, è condiviso anche da Europa e Stati Uniti. L’ultima volta che l’Italia, per esempio, ha chiuso i suoi conti in pareggio risale al lontano 1960, al 1974 la Francia, dove gli interessi sul debito rappresentano già i due Terzi delle spese per la formazione.

Qui ci si aggrappa alla soluzione del romanziere Oscar Wilde, che una volta ha dichiarato: «Chi non vive al di sopra delle proprie possibilità non ha alcuna fantasia». È indubbio, con un po’ d’immaginazione anche la legge di Stein potrebbe essere riscritta: «Le cose che non possono durare per sempre vanno avanti comunque all’infinito». Proprio come per il principio della speranza.

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